sabato 1 settembre 2012

On the Hill of Roses. Grabiński sulla collina delle rose

On the Hill of Roses, 2012, copertinaNon più così sconosciuto come quando ne parlammo qui per la prima volta, grazie anche a Hypnos #8 che nel 2011 è tornato a presentare l’autore polacco in italiano dopo un’ottantina d’anni di oblio, Stefan Grabiński continua a trovare un’internazionale diffusione attraverso nuove traduzioni in lingua inglese, ultimamente incluso dai due coniugi VanderMeer nella loro monumentale antologia The Weird, ed edito adesso nei formati originali delle proprie raccolte narrative.

In edizione limitata per la minuscola e specializzata Hieroglyphic Press, On the Hill of Roses propone le sei storie brevi del volumetto Na wzgórzu róż apparso nel 1918, secondo libro dell’autore e tuttavia il primo a sua firma dopo l’esordio, nel 1909, con una raccolta pubblicata a proprie spese sotto lo pseudonimo di Stefan Żalny.

Per la versione e cura di Miroslaw Lipinski, già traduttore di The Dark Domain (Dedalus, 1994) e The Motion Demon (Ash-Tree Press, 2005), i racconti di Grabiński riflettono su elaborate ipotesi tra il fantastico e il soprannaturale: una sinestesia olfattiva a rivelare il triste segreto che il giardino delle rose custodisce in “On the Hill of Roses” (Na wzgórzu róż); il malevolo genius loci che infesta la desolata e insana fattoria di “The Frenzied Farmhouse” (Szalona zagroda); l’ossessione per il presagio e la predestinazione in “On a Tangent” (Po stycznej); i conflitti dell’identità corporea nel doppelgänger di “Strabismus” (Zez); un oscuro passato le cui ombre tornano a manifestarsi in “Shadow” (Cień); un crimine nascosto che riaffiora nello spirito in “At the Villa by the Sea” (W willi nad morzem), la cui versione teatrale vide una messa scena a Varsavia nel 1920. Aggiunto a concludere il volume è il racconto “Projections” (Projekcje), originariamente apparso su rivista, con il richiamo d’un passato satanico dai sotterranei di un abbandonato monastero.

Anni difficili, per l’autore, quelli che precedettero l’uscita del suo libro. Come riporta il curatore nella sua introduzione, lo scrittore già affetto da tubercolosi vide il proprio matrimonio disgregarsi, e le sorelle non sopravvivere alla guerra. Un banale incidente scolastico, inoltre, un’infezione alla mano a causa della ferita di un pennino, lo portò addirittura al rischio di un’amputazione nonostante le moderne cure mediche. Fu un guaritore locale a salvargli l’arto con un poco ortodosso trattamento, per settimane, di raggi solari concentrati da una lente.

Na wzgórzu róż , 1918, frontespizioQuest’episodio, la precarietà della salute e le tante tragedie familiari lo condussero presto a riflessioni profonde sugli irrisolti misteri della vita, sui meccanismi inesplorati della mente, accompagnandolo in quelle tesi acute e spesso lucide sviluppate nella sua singolare narrativa; in quelle investigazioni fra le possibilità dell’ignoto, che in qualche modo doveva condividere coi protagonisti stessi delle storie. E nel rinnovare infine una vena letteraria, non solamente in patria, libera di addentrarsi fra le speculazioni della scienza, abbandonando i canoni del gotico.

“Per nove anni, nessuno si degnò di notare che stavo creando un tipo nuovo di letteratura prima in Polonia sconosciuto, che ero un pioniere del fantastico nell’accezione più stretta del termine, un fantastico neo-romantico di carattere autonomo e spontaneo,” scrive infatti Grabiński in relazione a quel periodo, in una memoria del 1926 citata in traduzione da Lipinski.

Con una prefazione di Mark Samuels e un’intenso dipinto di Eleni Tsami in copertina, l’edizione in sole 300 copie è ancora disponibile presso il sito web di Hieroglyphic Press.

On the Hill of Roses
Stefan Grabiński
traduzione e cura di Miroslaw Lipinski
Hieroglyphic Press, 2012
copertina rigida, 134 pagine, £26.00 (spedizione compresa)

Andrea Bonazzi

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